
E’ stato affermato che “l’avvocato è tenuto a dare notizie al cliente sullo svolgimento del mandato affidatogli, altrimenti pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante perché lesivo del rapporto di fiducia che si deve instaurare tra il professionista ed il suo cliente e, nel complesso, lesivo del prestigio e del decoro dell’intera classe forense (Consiglio Nazionale Forense sentenza n. 253 del 30 dicembre 2021 ).
Correttamente il Consiglio di Disciplina ha richiamato l’arresto delle SS.UU. della Suprema Corte che ha affermato la violazione del dovere di informazione, lealtà e correttezza da parte dell’avvocato che abbia proseguito nell’azione giudiziaria nonostante l’assistito fosse morto (Cassazione SS.UU. n.12636 del 13 maggio 2019).
Tale principio ancor più vale nel caso che ci occupa dove la condotta del ricorrente assume maggiore gravità avendo egli iniziato l’azione dopo la morte del cliente di cui era ignaro proprio per non essersi premurato di consultare l’assistito dopo anni dall’affidamento dell’incarico professionale.
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