
Le Sezioni Unite Civili hanno affermato (in continuità con le statuizioni di Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018, Rv. 650462-03) che, alla luce del principio di effettività della tutela giurisdizionale (a cui si raccorda quello di strumentalità delle forme processuali), il ricorso per cassazione, predisposto in originale in forma di documento informatico e notificato in via telematica, dev’essere ritualmente sottoscritto con firma digitale a pena di nullità dell’atto stesso, a meno che, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo, non sia comunque possibile desumere aliunde, da elementi qualificanti, la sua certa paternità.
Nella specie, sono stati considerati elementi univoci, idonei ad ascrivere la paternità certa dell’atto processuale, la notificazione del ricorso nativo digitale dalla casella p.e.c., censita nel REGINDE, dell’Avvocatura generale dello Stato e il deposito di una sua copia in modalità analogica con attestazione di conformità sottoscritta dall’avvocato dello Stato (Cass. SU, Sentenza Numero: 6477, del 12/03/2024).
L'alto consesso ha rilevato che la giurisprudenza intervenuta sul punto assegna alla sottoscrizione la funzione di nesso tra il testo e il suo apparente autore: è, quindi, l'elemento indispensabile per la formazione dell'atto stesso, la cui mancanza comporta l'inesistenza per nullità insanabile. Tuttavia, la paternità può essere anche desumibile da altri elementi qualificanti che consentano però di avere certezza su chi ne sia l'autore: in conclusione, quindi, è stato affermato che la paternità certa dell'atto processuale può essere desunta dalla casella di posta elettronica certificata di invio e dall'attestazione di conformità apposta sulla copia cartacea.
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